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Sette mesi di amministrazione giudiziaria, tre arresti ed otto condanne, questo il bilancio finale dell’operazione “Macchia nera” partita lo scorso luglio nelle campagne biscegliesi e che ora vede il suo epilogo. Una vicenda di caporalato che ha coinvolto l’azienda Extrafrutta Srl con i proprietari che a marzo scorso hanno patteggiato la pena di fronte al Gup Marco Galesi. L’azienda è ora tornata nella mani dei legittimi proprietari. L’amministratore Berardino Pedone
Nuovo tassello nella vicenda legata alle indagini e al processo sul conto dell’azienda biscegliese Extrafrutta Srl. Lo scorso 24 luglio con l’operazione “Macchia nera” sono scattati gli arresti per Maria Macchia, sospetta “caporale” di Mola di Bari, Bernardino Pedone e Massimo Dell’Orco, rispettivamente amministratore e dipendente dell’azienda agricola. I sospettati sono stati tutti accusati di aver pagato per anni 2mila braccianti agricoli a 2 euro e 50 cent l’ora facendoli
Per i tre arrestati nell’indagine “Macchia Nera”, volta ad accertare il presunto sfruttamento di braccianti agricoli nei campi pugliesi del barese, il giudice ha sostituito la misura cautelare degli arresti domiciliari con l’obbligo di dimora. Dopo l’interrogatorio di garanzia, il giudice per le indagini preliminari di Bari, Rosanna de Cristofaro, avrebbe così “valorizzato l’atteggiamento collaborativo e resipiscente dei sospettati”. A tornare in libertà sono stati la presunta caporale Maria Macchia,
“Sono state praticamente messe nero su bianco tutte le accuse che da sempre noi come Cgil facciamo ad una parte del mondo dell’impresa agricola che tende all’abbassamento dei salari ed alla mortificazione dei diritti dei lavoratori e che gioca una partita sleale facendo concorrenza al ribasso alla parte del mondo dell’impresa agricola che definiamo, invece, sana”. Lo dichiarano Gaetano Riglietti, Segretario generale Flai Cgil Bat, e Giuseppe Deleonardis, Segretario generale
Pagavano i braccianti 2,5 euro all’ora e, con la minaccia del licenziamento, li costringevano ad effettuare massacranti orari di lavoro con turni giornalieri di oltre 10-13 ore continuative, anche di notte e per 28-30 giorni consecutivi, sotto i teloni con temperature altissime, pretendendo che ogni giorno restituissero al caporale 2 euro. Per questo, secondo quanto accertato nelle indagini, i finanzieri della tenenza di Mola di Bari stamane hanno arrestato e
Una donna che fungeva da caporale, l’amministratore e l’addetto alla contabilità di un’azienda agricola di Bisceglie sono stati arrestati nel corso di un blitz della guardia di finanza. Le fiamme gialle hanno notificato inoltre un provvedimento restrittivo dell’obbligo di dimora ad altri 4 indagati e sequestrato beni per un milione di euro, disponendo il controllo giudiziario in un’azienda. La misura dell’obbligo di dimora riguarda indagati che per la procura appartengono
“Fimmine”, questo il termine dispregiativo con cui venivano appellate le donne che per dieci, dodici ore al giorno, sotto la supervisione dei “Caporali”, lavoravano nei campi ricevendo un compenso minore di quello che spettava agli adolescenti maschi. E “Fimmina” è la donna protagonista del secondo romanzo di Giulio Di Luzio, giornalista e scrittore pugliese, che ieri sera, prima serata dell’ottava edizione della rassegna letteraria “Libri nel Borgo Antico”, ha presentato,